In partenza per Medjugorje mi piace lasciare una riflessione sul “cuore umile” (dalle letture di oggi). Ricorderò tutti gli amici alla Gospa!
Cristo dice: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5, 3). Potrebbe forse ritenersi incerto quali siano i poveri, ai quali si riferisce la Verità se, dicendo poveri, non avesse aggiunto null’altro per far capire il genere di poveri di cui parla. Si sarebbe allora potuto pensare essere sufficiente per il conseguimento del regno dei cieli quella indigenza, che molti patiscono con opprimente e dura ineluttabilità. Ma quando dice: «Beati i poveri in spirito», mostra che il regno dei cieli va assegnato piuttosto a quanti hanno la commendatizia dell’UMILTA’ INTERIORE, anziché la semplice carenza di beni esteriori.
Il valore dell’umiltà lo acquistano più facilmente i poveri che i ricchi. Infatti i poveri nella scarsità dei mezzi hanno per amica la mitezza. I ricchi nell’abbondanza hanno come loro familiare l’arroganza. Non si deve negare, tuttavia, che in molti ricchi si trovi quella disposizione a usare della propria abbondanza non per orgogliosa ostentazione, ma per opere di bontà. Essi considerano grande guadagno ciò che elargiscono a sollievo delle miserie e delle sofferenze altrui. Beata quella povertà che non cade nel laccio teso dall’amore dei beni temporali, né brama di aumentare le sostanze del mondo, ma desidera ardentemente l’arricchimento dei tesori celesti.
Un modello di questa povertà magnanima ce l’hanno offerto per primi gli apostoli, dopo il Signore. Essi lasciarono tutte le loro cose senza distinzione e, richiamati dalla voce del divino Maestro, da pescatori di pesci si sono rapidamente cambiati in pescatori di uomini (cfr. Mt 4, 19). Avevano imparato dalla predicazione apostolica la gioia di non aver nulla e di possedere tutto con Cristo. Per questo san Pietro apostolo quando all’ingresso del tempio fu richiesto dell’elemosina dallo zoppo disse: «Non possiedo né argento, né oro, ma quello che ho te lo do. Nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina» (At 3, 6).
Quale cosa vi può essere di più sublime di questa umiltà? Quale cosa più ricca di questa povertà? Non ha la garanzia del denaro, ma conferisce i doni della natura. Quell’uomo che la madre generò infermo dal suo seno, Pietro rese sano con la parola. I benefici di questo tesoro non li sperimentò solo colui che acquistò la possibilità di camminare, ma anche quei cinquemila uomini che, dopo le esortazioni dell’Apostolo, credettero in virtù della guarigione miracolosa da lui operata (cfr. At 4, 4).
Quel povero, che non aveva nulla da dare al questuante, diede tanta copia di grazia divina, che risanò un uomo nei suoi arti e guarì tante migliaia di uomini nei cuori. Restituì agili, sulla via di Cristo, coloro che aveva trovato zoppicare nella infedeltà giudaica.
Dal «Discorso sulle beatitudini» di san Leone Magno(Disc. 95, 2-3; PL 54, 462)