LA SANTITÀ DELL’ORGANISTA
(di Giosuè Berbenni – L’attualità)
Nel 1608 il grande organaro Costanzo Antegnati espressamente diceva che l’organista, avendo a che fare con la santità del luogo e trattando cose sante, doveva essere una persona di «costumi santi»:
«… Sarà dunque figliuolo mio il primo “aviso”, & avvertimento l’arricordarsi, che gl’Organi sono fatti per servir nella Chiesa, che è Casa di Dio, dove con particolar modo è presente; e perciò su l’Organo si deve stare con quella composizione di costumi santi, che convengono al luogo santo» (L’Arte Organica, c5v).
Un aspetto successivamente poco, o per niente, evidenziato, che ora cerchiamo di attualizzare. Era nella pedagogia rinascimentale dell’artista, secondo la dottrina tomistica e la numerosa trattatistica, acquisire la grazia divina al fine di essere strumento docile al servizio di Dio e della Chiesa. Attualmente siamo distanti moltissimo da quella finalità. Eppure dobbiamo recuperare il tempo perduto valorizzando la santità nel nostro ambito di lavoro e di servizio, in particolare di organista.
Ma cosa intendiamo per santità? L’irreprensibilità di costumi e la profonda fede. Nell’ organista essa è la condizione fondamentale del suo essere, perché egli è protagonista del culto al Signore attraverso la musica, dunque per essere all’altezza del proprio compito. La santità non è un atteggiamento o un connotato bigotto. Tutt’altro. È il miglior modo per essere sereni, felici. Chi investe in santità, infatti, investe in felicità. Essa è perennemente moderna e attuale. Infatti il Cielo non viene in aiuto se, nel vivere quotidiano, il cuore, lo spirito e la vita non sono santi.
Quando un organista suona in chiesa deve avere in mente che:
♥ è un privilegiato;
♥ ha una grande responsabilità;
♥ il suo ruolo interagisce con l’azione dello Spirito di Dio sui fedeli;
♥ dove non penetra la parola del celebrante, arriva la musica;
♥ lo Spirito di Dio si serve di lui per agire sulle anime.
Ma per fare tutto questo occorre essere persone pulite e positive: nell’animo, nella vita, nei pensieri, nei comportamenti e nello studio. La santità, pertanto, è lo stato positivo di vita, nel cammino spirituale e fisico.
Il modello
C’è un modello a cui riferirsi? È Gesù Cristo. Dobbiamo, poi, essere noi stessi modello per gli altri. Come si fa? Prendendo sul serio ogni cosa, anche la più semplice. Non occorre essere dei geni (beato chi lo è)! Quando si offre a Dio una cosa, anche se piccola, deve essere fatta al meglio. Non ha senso fare le cose in modo così e così, cioè scialbo.
Uno esprime quello che è: se ha tanto dà tanto, se ha poco dà poco.Se si ha l’animo chiaro si esprimono cose serene e viceversa. Il segreto, senz’altro vincente, sta nella virtù dell’umiltà e nella continua preghiera.
♥ Perché l’umiltà? Perché se uno esegue un brano senza umiltà, mettendo se stesso al centro, come è istintivo, non trasmette intensità spirituale.
♥ Perché la continua preghiera? Perché è l’energia vitale. Essa va fatta con il cuore. In particolare si raccomandano: i sacramenti (frequente confessione e frequentissima eucaristia); la quotidiana S. Messa; l’adorazione eucaristica (con il cuore); si sente il bisogno del S. Rosario, come se si avesse sete di qualcosa; l’offerta a Dio di ogni nostra azione (passata, presente, futura).
Si dirà: troppo! Chi ha tempo per far tutto? Niente paura, rimane tanto di quel tempo libero che non vi immaginate, in quanto il Cielo aiuta a ottimizzarlo. Ad esempio, quello che normalmente si fa in quattro ore lo si realizza in due.
Le condizioni dell’umiltà e della preghiera sono indispensabili per avere mente e cuore in
grado di interagire con lo Spirito di Dio attraverso la musica. Tutto, dunque, è consequenziale, e i
risultati sono spettacolosi. Importante è crederci e agire.
Un investimento
Fondamentale è suonare bene, anche con musiche semplicissime. È meglio tacere che
suonare male, anche se ben intenzionati, perché altrimenti si disturbano i fedeli, si avvilisce la
liturgia, si fa soffrire Gesù eucaristico. La musica: o è fatta bene, allora apre le porte del Cielo, e ha
la sua incredibile funzione positiva; o è fatta male, allora è meglio tacere, non sentirla. Piuttosto
che pasticciare è meglio non suonare. C’è la via di mezzo, né bene né male: ma questa lascia
indifferenti.
Per suonare divinamente non è sufficiente confidare nelle proprie forze. Occorre chiedere a
Dio:
♥ di farci degni di questo onore, di essere strumento nelle Sue mani;
♥ di avere la forza, la concentrazione, l’ispirazione, la capacità, perché le note musicali vadano al
cuore dei fedeli e vengano predisposti alla Sua azione.
Allora il cielo interviene. L’organista diviene intenso, gioioso, piacevole, comunicativo.
Dunque suonare per il Signore, con le condizioni dette, è un investimento in qualità.
Ce la farò?
È spontaneo dire: non ce la farò mai! Non è vero. Se uno si mette nel cuore questo desiderio:
«o Dio voglio suonare per la Tua felicità, per attirare più anime a Te», ecco che viene in aiuto,
lentamente, ma in modo determinante, a seconda della nostra disponibilità, tutto il Cielo. Ti accorgi
che l’energia data è tanta. È un privilegio riservato a coloro che lo chiedono e lo mettono in pratica.
Suonare non solo con la mente ma con il cuore
Fondamentale è suonare bene. Ma come? Innanzitutto con lo studio e la mente, poi con il
cuore. Chiedere a Dio che la musica sia di qualità, ispirata, efficace e penetrante in noi e nelle
anime. Proprio come la preghiera. Consiglio: prima dell’inizio della Santa Messa pregare con la
musica domandando al Signore di inviare il Suo Spirito, perché ci ottimizzi la capacità artistica,
scacci via le distrazioni, così da vivere e far vivere la Santa Messa, incredibile regalo all’umanità da parte dell’Altissimo.
La responsabilità è grande
La responsabilità dell’organista, allora, diventa molto grande. È opportuno chiedere a Dio
che ci aiuti a purificarci il cuore perché sia ben disposto. Infatti con il suono si veicola nelle anime il
Suo Spirito. Ma non si può pretendere che questo avvenga se prima non si è degni. Dio ama e lo si
ricambia intensamente dicendogli semplicemente: «ti amo tantissimo con quello che so fare: la
musica».
L’offerta più gradita al Signore è quando presentiamo noi stessi come olocausto, affinché
Gesù, nello scendere sull’altare, ci trasformi, anche a nome e per conto di chi è lontano e non crede.
Infatti cosa abbiamo da offrire a Lui? Poco o nulla, ma se lo presentiamo in unione ai meriti di
Gesù, quell’offerta musicale è graditissima e di enorme valore.
Tutto va finalizzato alla felicità di Dio, che è piena se la musica diventa strumento per
santificare le anime. Non è cosa da poco. Un consiglio: glorifica e benedici la Santissima Trinità,
con tutta la tua vita e il tuo amore artistico, riconoscendoti una Sua creatura, e ti sentirai un
privilegiato. Quando il grande organista J. S. Bach scriveva Soli Deo Gloria sapeva che la musica,
quale magnifico dono di Dio all’uomo, era una grandissimo strumento di redenzione. Noi
aggiungiamo: atque Beatæ Virgini Mariæ. Una marcia in più.
Ma chi era il grande organista Costanzo Antegnati?
Da Wikipedia: Costanzo nacque in una famiglia di organari attiva tra la fine del XV secolo a gli inizi del XVIII secolo a Brescia, gli Antegnati. Forse per riscattare una sua situazione familiare discontinua, suo padre Graziadio Antegnati si adoperò molto per l’educazione e la carriera di suo figlio. Costanzo ebbe sua formazione musicale affidata a Giovanni Contino e Girolamo Cavazzoni, attivi a Mantova presso la corte musicale più stimolante dell’epoca, assieme a quella ferrarese e della repubblica di Venezia. A soli ventuno anni, viene inviato dal padre a sistemare l’organo di Santa Barbara in Mantova, rassicurando il duca Guglielmo Gonzaga sulle sue capacità. Costanzo ha collaborato con suo padre nella costruzione dell’organo Antegnati più grande e famoso al mondo, quello di 16 piedi costruito nel 1581 per i frati della chiesa di San Giuseppe a Brescia. Nel 1595 fu commissionata da Caterina Gonzaga, figlia del marchese Alfonso Gonzaga, la costruzione dell’organo per la chiesa prepositurale di Sant’Erasmo a Castel Goffredo (Mn). Da quell’epoca la collaborazione sarà continua e verrà talvolta testimoniata da firme congiunte poste dentro le canne più grandi realizzate, come ad esempio quella esistente dentro la monumentale canna di 16 piedi (oltre 5 metri) dell’organo della chiesa di San Giuseppe. In quarant’anni costruisce o effettua circa 25 lavori, ma alla luce dei fatti bisognerà stabilire meglio quanti subappalti abbia ceduto a Bernardino Virchi o ai fratelli Moroni (come nel caso della chiesa del Corlo) e in quanti lavori abbia fatto in realtà da garante il padre. Dei suoi strumenti non rimane quasi nulla, solo pochi reperti. Nel bresciano appronta quelli per San Giuseppe (1581) e Bagolino (1590, entrambi assieme al padre), Gardone Riviera e Carmine di Salò (1594), San Gaetano in città (1596), Lonato e Calcinato (1601); per Polpenazze (1609) è garante per il figlio. Nel bergamasco notevole è l’organo Antegnati della chiesa di San Nicola (1588) sottoposto nel 1996 ad un accurato lavoro di restauro, supportato da ricerche organologiche e filologiche. In effetti Costanzo dagli anni novanta del secolo pare dedicarsi sempre di più alla sua attività di organista, compositore, perito e trattatista, oltre che alla conduzione delle immense ricchezze ereditate e accumulate e alla promozione sociale, che lo porteranno agli inizi del secolo a fregiarsi del titolo di “Patritii Brixiani Organistae”. Come organista venne assunto nel 1584 al Duomo. Fu dispensato dall’incarico nel 1620 perché, come testimonia Ottavio Rossi: “opera e compone, se ben vecchio e storpiato d’apoplessia (alla mano sinistra) e come benemerito è riconosciuto dalla città con onorato stipendio”, che non gli venne tolto fino alla sua morte. Come compositore si palesa nel 1571 con la pubblicazione a Venezia de “Il Primo Libro de Madrigali a Quatro Voci con uno Dialogo a Otto”, poi con cadenza quasi biennale pubblicherà composizioni principalmente sacre (messe, salmi e mottetti) ma anche profane, riprese in varie antologie dell’epoca, anche straniere. L’opera che, oltre agli strumenti, ha diffuso e tramandato la sua fama e quella della famiglia è “L’Arte Organica, Dialogo trà Padre, & Figlio, à cui per via d’Auuertimenti insegna il vero modo di sonar, & registrar l’Organo; con l’indice de gli Organi fabbricati in casa loro. Opera xvj. Utile e necessaria à gli Organisti”. Il breve trattato è stato dato alle stampe a Brescia nel 1608 in allegato a “L’Antegnata” un’intavolatura di 12 ricercari d’organo in tutti i toni, sull’esempio del suo maestro Cavazzoni. Oltre a regole di galateo organistico e consigli di registrazione, Costanzo dà indicazioni di prassi esecutiva e una regola per l’accordatura di organi e cembali. Descrive le disposizioni foniche e alcune caratteristiche tecniche di diversi tipi di organi costruiti dalla loro officina. Nell’Indice elenca ben 144 lavori, effettuati nei territori e nelle città di Brescia, Mantova, Bergamo, Valtellina, Como, Crema, Milano, Pavia, Lodi, Parma, Cremona, Verona,Vicenza, Padova e Venezia. L’elenco è da aggiornare, perché si stima che i lavori effettuati in realtà ammontino a circa 400, raggiungendo località come Torino, Saronno, Bellinzona, Lugano, Varese,Ferrara, Rovereto, Modena, Ferrara. Costanzo di fatto chiude la grande epopea antegnatiana.