** FILE ** A July 13, 1995 file photo shows refugees from the overrun U.N. safe haven enclave of Srebrenica looking through the razor-wire at newly arriving refugees in a UN base 12 kms south of Tuzla, 100kms (60 miles) north of Sarajevo.Former Bosnian Serb leader Radovan Karadzic, accused architect of war crimes including Europe's worst massacre since World War II, was arrested Monday evening, July 21, 2008 the country's president and the U.N. tribunal for the former Yugoslavia said. Karadzic topped the tribunal's most-wanted list for more than a decade charged with organizing the deadly siege of Sarajevo and the 1995 massacre of up to 8,000 Muslims in the U.N. 'safe area' Srebrenica. (AP Photo/Darko Bandic, File)

L’11 luglio 2015 si celebrerà il ventennale del genocidio di Srebrenica
“Marcia della pace” per ricordare i 20 anni dal massacro di ottomila musulmani, a Srebrenica, in Bosnia. Gli anatomopatologi al lavoro per dare un nome e una degna sepoltura alle vittime del genocidio ancora nelle fosse comuni. Gli scavi di nuove 136 tombe, accanto alle 6.241 già esistenti, l’11 luglio accoglieranno i resti di 136 persone, di cui 18 minorenni, vittime, identificate nel corso di quest’anno, del più grave eccidio di civili in Europa dopo la fine della seconda guerra mondiale.

Degli 8.372 dispersi, scomparsi in soli cinque giorni nel luglio 1995, sono stati finora esumati, da un’ottantina di fosse comuni, i resti di 7.057 musulmani di Srebrenica, trucidati dalle truppe serbo-bosniache del generale Ratko Mladic, attualmente sotto processo al Tribunale penale internazionale dell’Aja (Tpi) con l’accusa di genocidio e crimini di guerra e contro l’umanità. La maggior parte delle fosse comuni di Srebrenica sono cosiddette fosse “secondarie”, nel senso che in esse i morti, alla fine della guerra (1992-95), furono trasferiti dai militari e poliziotti serbo-bosniaci nel tentativo di occultare le prove dell’enorme crimine: è a causa dei trasferimenti, spesso per mezzo di bulldozer, che la maggior parte degli scheletri sono incompleti o ricomposti con le ossa ritrovate in più fosse comuni.

Nonostante la strage di Srebrenica sia stata qualificata come “genocidio” dalla giustizia internazionale, soltanto ieri, mercoledì 8 luglio, l’ambasciatore russo al Palazzo di Vetro, Vitaly Churkin, ha posto il veto a nome della Russia nel definire “genocidio” il massacro, motivato il voto negativo perché il testo è «non costruttivo, sbilanciato e con motivazioni politiche». Durissima la replica dell’ambasciatrice americana all’Onu, Samantha Power, secondo cui il voto di Mosca equivale a negare il genocidio di migliaia di musulmani bosniaci da parte delle truppe serbo-bosniache. Power, che ha iniziato la sua carriera durante la guerra in Jugoslavia come giornalista prima di intraprendere la strada della diplomazia, ha affermato che «il veto russo ha un forte significato, ed è straziante per le famiglie delle vittime».  (09/07/2015- fonte Famiglia Cristiana)

 

C_4_articolo_2057643_upiImageppL’11 luglio si celebrerà il ventennale del genocidio di Srebrenica – ( di Andrea Oskari Rossini, giornalista dell’Osservatorio Balcani e Caucaso)

A tre giorni dal ventennale, la Russia ha posto il veto sulla bozza di risoluzione votata ieri dal Consiglio di sicurezza dell’Onu che avrebbe definito “genocidio” il massacro di Srebrenica in cui furono uccisi almeno ottomila musulmani bosniaci l’11 luglio 1995. Com’è stato accolto il veto della Russia – che appoggia la posizione della Serbia sulla questione – nel Paese dell’ex Jugoslavia? Al microfono di Roberta Barbi, risponde da Sarajevo Andrea Oskari Rossini, giornalista dell’Osservatorio Balcani e Caucaso:

  1. Qui a Sarajevo la posizione russa è stata accolta con grande rabbia – questo veto opposto della Russia alla risoluzione – perché questi sono giorni estremamente delicati, estremamente sensibili per una parte dell’opinione pubblica e della popolazione bosniaco-erzegovese, dato che sabato si commemorerà il 20.mo anniversario del genocidio di Srebrenica. La posizione russa è stata qui interpretata in maniera pura e semplice come sostegno alla Serbia. La Serbia aveva detto esplicitamente che non apprezzava il testo della risoluzione; c’è stato in un periodo in cui, dal punto di vista diplomatico, il Paese che aveva preparato la bozza di risoluzione, la Gran Bretagna, ha provato a trovare aggiustamenti, ma alla fine questo testo, anche emendato, non era gradito alla Serbia. Le autorità serbe avevano detto esplicitamente che avrebbero chiesto alla Russia di opporre il veto e così è stato.
  2. – La motivazione del veto avanzata dall’ambasciatore russo al Palazzo di Vetro è stata che sarebbe “non costruttivo, sbilanciato e con motivazioni politiche”…
  3. Il principale elemento del contendere è legato al termine “genocidio”. Il termine genocidio riferito a Srebrenica è ormai ampiamente accettato qui in Bosnia-Erzegovina, soprattutto in seguito alle numerose sentenze per genocidio del Tribunale Penale Internazionale dell’Aia.
  4. – Il voto di Mosca è l’equivalente della negazione del genocidio, come dichiarato dall’ambasciatrice statunitense all’Onu?
  5. – In un certo senso sì perché gran parte delle istituzioni serbo-bosniache e serbe rigettano questa definizione di genocidio per Srebrenica, anche se dobbiamo dire che lentamente ci sono state, negli ultimi mesi, dichiarazioni di rappresentanti delle istituzioni serbe che non parlano di genocidio ma di una macchia sul popolo serbo; però loro dicono: “Anche noi abbiamo subito stragi, anche noi abbiamo avuto vittime”, e puntavano a una risoluzione che mettesse tutto insieme.
  6. – Questo allontanerà ulteriormente Russia e Stati Uniti?
  7. – Nei Balcani ormai da tempo le posizioni russe non sono più così vicine a quelle di europei e statunitensi, non tanto per quanto avvenuto ieri, quanto per la guerra in Ucraina.
  8. – Il documento messo a punto dalla Gran Bretagna ha ricevuto solo 10 voti a favore su 15: Cina, Venezuela, Angola e Nigeria, si sono astenuti…
  9. – Si tratta delle dinamiche che normalmente avvengono all’interno del Consiglio di Sicurezza: ci sono i Paesi non membri permanenti – quelli a rotazione – che siedono per i due anni all’interno del Consiglio. Normalmente è un po’ difficile prevedere qual è il loro atteggiamento di fronte a queste questioni; noi possiamo verosimilmente pensare a delle pressioni, a un negoziato… Ecco, la cosa che mi sembra di poter dire è che non c’è stato un ragionamento su quello che è avvenuto 20 anni fa, né rispettoso di quelle che sono state le vittime di Srebrenica, e questa è anche un po’ la lettura che ne danno i principali media bosniaci oggi. Questo voto è stato figlio di un mercanteggiamento politico, diplomatico, che ha poco a che vedere con quanto avvenuto, anche perché non si capisce in che modo un voto a favore della definizione come “genocidio” di quanto avvenuto a Srebrenica poteva essere nocivo di quello che è avvenuto o di un possibile percorso di soluzione delle controversie, di elaborazione del passato e di riconciliazione nella regione.
  10. – La Russia espulsa dal G8 in seguito alle sanzioni per la crisi in Ucraina utilizza il vertice dei Brics per far vedere che non è così isolata sul piano internazionale?
  11. – Certo, la Russia cerca di utilizzare tutte le istanze internazionali in cui è presente per far valere la propria posizione: mi sembra assolutamente coerente con quello che è un tentativo di fuggire un isolamento anche internazionale, che dopo la crisi ucraina si stava profilando. (Fonte: Famiglia Cristiana e radio Vaticana)

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