MEDJUGORJE…Tutta la vita, e PER SEMPRE! Raccontarsi è far conoscere.
In questo periodo dell’anno ci recavamo a Medjugorje in pellegrinaggio; capodanno in preghiera, meglio “VEGLIA” di preghiera a capodanno. Dal 1987 per decenni è stato l’appuntamento sognato e gioiosamente ambito da tanti di noi. Questo anche per me dopo il mio primo capodanno. Era un’attesa di speranza e di commovente felicità, sorridente, gioiosa; [paragono all’oggi e …dov’è ora il sorriso, il mio sorriso? svanito dai mezzi volti, dal mio mezzo volto…questa situazione è una prova PENOSA; vivendola la comprendo nella sua fatale tragicità. Comprensibile nella sua permissività divina solo nella volontà di vegliare un po’ con Gesù nel Getsemani del mondo].
Penso che per comprendere meglio gli scritti e il raccontare, è bene rapportare sempre il vissuto con il presente perché diventi ouverture per il futuro.
La partenza, l’andata, l’inizio del pellegrinaggio con la S. Messa al Santuario della Madonna del Frassino e poi le soste, i saluti, le preghiere, i canti. Le sospirate attese e finalmente l’arrivo. Sul fondo del viale d’entrata, c’era il monte con la Croce che faceva da orizzonte alla chiesa con i suoi due campanili e la grande stella luminosa sul sagrato. Davano il benvenuto. C’era tutto come sempre ad attendermi! Anche la pace, la serenità, l’abbraccio del luogo amato, il calore del sole e i sorrisi di Lenka e Franjio.
Ventinove, trenta trentuno, era ora; la notte di capodanno!
Molto era imperniato su quella notte. Solitamente notte fredda e gelida, ma sempre calda d’attesa di qualche cosa di meraviglioso. Ricordo le veloci camminate per trovare il posto a sedere in Chiesa e …trovato sempre già occupato, (alcuni pellegrini rinunciavano alla cena per portarsi in chiesa e prendere posto, già al pomeriggio) a me e a noi restava di sederci sul pavimento dove c’era un po’ di spazio tra le panchine e i seggiolini portabili.
Un atto d’amore è stata quella volta (ricordo che era il periodo dei primi anni) nella quale mi era stato offerto di appoggiare la schiena alle gambe di chi era riuscito a trovare il posto a sedere sulla prima panchina e che gentilmente ora vedendomi affaticata mi invitava a farlo; ma non aveva nessuna importanza affaticarsi! Importante era ESSERCI, lì proprio lì, davanti all’Altare, al Tabernacolo, al presepio, ai verdi pini luccicanti di addobbi, ai sacerdoti che piano, piano affollavano lo spazio rimasto.
Noi stretti nello spazio, con le giacche a vento usate come cuscino per inginocchiarsi e sedersi, le luci abbassate, il bisbiglio sommesso delle preghiere, volti felici e gioiosi, puro amore, poi gli abbracci, le lacrime, i canti con la felicità, sguardi luccicanti COMMOZIONE, ATTESA…attesa di quello che avremmo vissuto nell’ADORAZIONE EUCARISTICA e nella S. MESSA di Mezzanotte.
Era il violino solo, che dava inizio alla veglia, poi le nenie sacre croate e internazionali, soprattutto i canti di Taizè, le meditazioni nelle varie lingue del celebrante che aiutavano ad aprire il cuore a Gesù presente, lì sull’altare nell’Ostia Santa! INGINOCCHIATI in ADORAZIONE, la stanchezza e il disagio della posizione non avevano nessun peso, nessuna difficoltà. Eri solo tu e il TUO Dio, il tuo Signore, l’amore infinito, l’Altissimo che Bambino ti sorrideva. Che momenti inesprimibili!!!!!!… Quello che l’anima avvertiva e lo spirito assaporava erano come un po’ di paradiso!!!!! Perché è così che lo ricordo!
MEZZANOTTE; le campane che fino allora erano zitte solo allora suonavano a distesa per festeggiare quel GESU’ che sull’altare per le mani del sacerdote si era fatto CARNE nell’OSTIA CONSACRATA, elevata per essere adorata assieme al calice contenente il SANGUE di GESU’ CRISTO! Attimi di colloqui silenziosi, profondi, unici. Anche i botti di chi festeggiava lontano, diventava il contrasto della diversità della gioia e dell’allegria ma nella mia indifferenza perché lì c’era IL TUTTO! MIO DIO E MIO TUTTO!
Poi alla fine della veglia notturna quanti canti a conclusione, ancora abbracci augurali e saluti, in tutte le lingue ma ci si capiva benissimo. Padre Slavko Barbaric dal microfono, sempre cantando i brani musicali di Taizè in canone, tra cui “Dona nobis pacem”, e canti di Natale, indicava sorridendo l’uscita ai fedeli che NON volevano saperne di uscire e che però alla fine, si ritrovavano sul sagrato cantando in filastrocche tipiche di tanti paesi diversi e, impazziti di gioia. Si perché a Medjugorje si può impazzire di gioia e di felicità, si cambia definitivamente e per sempre il cuore e il tuo rapportarti con il prossimo. Vorresti donare sempre quell’amore conosciuto lì in quel luogo benedetto. Si diventa testimoni e responsabili dell’essere figli di Dio e “apostoli dell’amore”, consapevoli della grandezza e della salvezza di quel messaggio universale che questo paese ha avuto in dono dal cielo e che elargisce ai cuori in ricerca, aperti ad accogliere la vita. (Emma)
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